Confronto tra Arabinoxilani e amido resistente nel controllo della glicemia post-prandiale

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Articolo scritto da Dott. Carmine Di Iorio, neurobiologo e consulente nutrizionale

Secondo la Commissione del Codex Alimentarius (CAC), “per fibra alimentare si intendono polimeri di carboidrati con dieci o più unità monomeriche, che non vengono idrolizzati dagli enzimi endogeni nell’intestino tenue dell’uomo”. Questa frazione comprende polimeri di carboidrati presenti naturalmente negli alimenti o ottenuti da materie prime alimentari o anche polimeri sintetici purché siano stati dimostrati gli effetti benefici sulla salute. Questa definizione, pubblicata nel 2009, che rimane nell’aggiornamento ufficiale della guida all’etichettatura CAC [1], considera gli effetti fisiologici così come la natura chimica a causa dell’interdipendenza tra definizione e metodi analitici che quantificano tutti le componenti delle fibre alimentari [2].

Sebbene fonti non vegetali, come chitina e chitosano, siano presenti in funghi, insetti e invertebrati [3], le fonti più significative di fibre alimentari sono di origine vegetale. Diverse fonti di queste hanno composizioni e strutture della parete cellulare altamente variabili, che includono le proprietà della matrice della parete cellulare dei polisaccaridi come porosità, separazione o rottura cellulare e viscosità.

Le fibre svolgono un ruolo nell’incapsulamento dei nutrienti, dove le pareti cellulari possono rimanere intatte anche dopo la masticazione e altre fasi del processo di digestione [4]. Questo è un meccanismo identificato attraverso il quale i tessuti vegetali strutturalmente intatti tendono ad essere digeriti a un ritmo più lento e, in misura minore, attenua l’aumento postprandiale della glicemia [5]. Alcuni alimenti ricchi di fibre possono influenzare la funzione gastrica, che comprende il tempo di transito gastrointestinale e la viscosità del chimo, influenzando così il flusso e il comportamento della miscela.

L’aggiunta di fibre alimentari agli alimenti solidi e liquidi ricchi di carboidrati può favorire riduzioni significative dell’assorbimento del glucosio postprandiale. Tuttavia, i problemi di appetibilità alle concentrazioni necessarie per vedere l’effetto benefico possono limitare le sue applicazioni come ingrediente alimentare funzionale.

Allo stesso tempo, la lavorazione degli alimenti può causare cambiamenti nelle proprietà fisico-chimiche delle fibre alimentari e avere un impatto negativo sulla viscosità delle frazioni solubili, riducendone l’efficacia [6].

Secondo McRorie Jr. e McKeown [7], l’efficacia della fibra alimentare solubile nel metabolismo del glucosio e dell’insulina sembra essere proporzionale alla viscosità della fibra idratata. L’aumento della viscosità rallenta l’interazione tra gli enzimi digestivi e i nutrienti e, di conseguenza, la scomposizione dei nutrienti in componenti che verranno assorbiti nell’orletto a spazzola, compreso il glucosio [8]. Un chimo più viscoso, per la presenza di fibre alimentari solubili, rallenta la digestione e l’assorbimento; quindi, i nutrienti che normalmente verrebbero assorbiti all’inizio dell’intestino tenue possono raggiungere l’ileo distale, dove di solito sono minimamente presenti [9].

Il meccanismo relativo alla viscosità delle fibre solubili alimentari è ben documentato [10, 11, 12, 13,]. Tuttavia, la presenza di fibre solubili fermentabili può anche essere responsabile della riduzione dei livelli di glucosio nel sangue e di insulina postprandiale [14], e della diminuzione dei picchi di glucosio nel sangue e di insulina dopo il primo e il secondo pasto [15]. Questo effetto può essere dovuto alla ridotta digeribilità delle fibre solubili, e alla produzione di acidi grassi a catena corta (SCFA) durante la fermentazione del colon. Gli SCFA agiscono sulle cellule endocrine intestinali e/o sui neuroni del sistema nervoso enterico per alterare la motilità e la secrezione gastrointestinale [16].

In Europa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha autorizzato per alcune fibre alimentari i claims salutistici “a basso impatto glicemico” o “a ridotto impatto glicemico”. Questi claims anche se non sono puntualmente disciplinati né a livello dell’Unione Europea, né a livello nazionale, il Ministero della Salute ha chiarito le condizioni per il loro utilizzo nella circolare n. 0029507 del 17 luglio 2017.

Tra le fibre alimentari che vantano questi claims salutistici ritroviamo l’Arabinoxilano prodotto dall’endosperma del frumento e l’amido resistente.

  • Per l’Arabinoxilano (AX) EFSA suggerisce che l’assunzione di AX nell’ambito di un pasto contribuisce alla riduzione dell’aumento di glucosio ematico post prandiale. Questa indicazione può essere impiegata solo per un alimento che contiene almeno 8g di fibre ricche di AX prodotto dall’endosperma del frumento (di cui il 60% costituito da fibre solubili) per 100 g di carboidrati disponibili in una porzione quantificata nell’ambito di un pasto.
  • Per l’amido resistente (RS) EFSA suggerisce che la sostituzione di amidi digeribili con amido resistente in un pasto contribuisce alla riduzione del glucosio ematico post-prandiale. Tale indicazione può essere utilizzata solo per un alimento in cui l’amido digeribile è sostituito con amido resistente in modo da ottenere un contenuto finale di amido resistente parti al 14% dell’amido totale.

Le fibre alimentari sfuggono alla digestione nell’intestino tenue e passano nell’intestino crasso, dove vengono fermentate dal microbiota del colon. La fermentazione nell’intestino crasso porta alla produzione di Acidi Grassi a Catena Corta (SCFA), principalmente acetato, propionato e butirrato (nel rapporto acetato>propionato ≥ butirrato), gas (idrogeno, ammoniaca e metano) e altri metaboliti, inclusi lattato e piruvato [17]. Il rapporto tra produzione e assorbimento di SCFA dipende dal substrato di fermentazione, dalla composizione microbica e dal tempo di transito nel colon [18].

Studi di intervento dietetico hanno dimostrato che la fermentazione di amido resistente [19] e prodotti contenenti arabinoxilano [20] aumentano specificamente la produzione di butirrato.

La maggior parte degli SCFA vengono metabolizzati o assorbiti dall’epitelio del colon o metabolizzati da altri batteri del colon, con il risultato che solo il 5-10% degli SCFA prodotti viene escreto nelle feci. [17]. Gli SCFA che raggiungono la vena porta vengono trasportati al fegato, dove la maggior parte degli SCFA assorbiti viene metabolizzata. [19]. L’aumento dell’assunzione di fibre alimentari provoca quindi l’aumento non solo di acetato ma anche di propionato e butirrato, con conseguente quantità minori di propionato e butirrato che raggiungono la circolazione periferica con potenziali effetti metabolici diretti sui tessuti periferici [20, 21, 22].

Diversi studi segnalano una ridotta secrezione di insulina nei suini e nei soggetti sani e in sovrappeso in risposta all’AX [23, 24] e RS [25, 26], suggerendo un legame tra butirrato e una migliore sensibilità periferica all’insulina [21, 22]. Gli esatti meccanismi alla base di questa associazione sono attualmente sconosciuti, ma potrebbero essere correlati al ruolo del butirrato nella prevenzione dello sviluppo dell’obesità [27]. Un elevato apporto di fibre e un maggiore assorbimento di SCFA sono stati anche collegati alla ridotta secrezione degli ormoni incretinici, il peptide glucagone-simile 1 (GLP-1) e il peptide insulinotropico glucosio-dipendente (GIP) [28, 29]. Questi ormoni vengono secreti in risposta all’aumento dei livelli di glucosio nel lume intestinale e stimolano la secrezione di insulina [30]. Nel loro insieme, queste condizioni collegano l’aumento degli SCFA periferici al miglioramento del risparmio di insulina e dell’omeostasi del glucosio.

Attraverso uno studio di comparazione sono state messe a confronto una “dieta occidentale” (WSD) a basso contenuto di fibre, ricca di grassi saturi, proteine e carboidrati raffinati, e due diete ad alto contenuto di fibre, una ricca in Arabinoxilani e l’altra ad alto contenuto di amido resistente.

Le tre diete erano bilanciate per quanto riguarda proteine, grassi ed energia lorda, ma variavano nei livelli e nelle caratteristiche delle fibre. Le diete con Arabinoxilani e amido resistente sono state formulate per contenere tre volte più fibre rispetto alla dieta di controllo WSD [31].

Le fibre sotto forma di Arabinoxilani e amido resistente hanno influenzato in modo diverso i metaboliti postprandiali e le risposte ormonali, nonostante le diete apportassero le stesse quantità di carboidrati disponibili. Il consumo della dieta ricca di Arabinoxilani ha aumentato l’assorbimento degli SCFA e, in particolare, l’assorbimento del butirrato e ha ridotto la secrezione di insulina a differenza della dieta con amido resistente e la dieta di controllo.

Tuttavia, l’azione dell’insulina non è stata compromessa, come indicato dai bassi livelli di NEFA a digiuno, e questi risultati suggeriscono che l’effetto stimolato dell’AX sull’assorbimento degli SCFA e, in particolare, del butirrato ha migliorato l’economia dell’insulina rispetto ad altre diete.

Le risposte osservate di insulina e glucosio dopo l’alimentazione con Arabinoxilani sono in linea con studi precedenti sia condotti sui suini [24] che su soggetti umani sani [32, 33]. Studi precedenti hanno collegato l’aumento delle concentrazioni sistemiche di SCFA al miglioramento del controllo glicemico [34, 35], e un elevato assorbimento di butirrato in particolare è stato associato a una migliore sensibilità periferica all’insulina [25, 20, 21, 36]. Attualmente, i meccanismi alla base di questa migliorata sensibilità all’insulina rimangono poco chiari, ma gli studi suggeriscono il coinvolgimento del tessuto adiposo e dei NEFA circolanti [22, 27, 37].

Dallo studio di comparazione [31] è infatti emerso che le concentrazioni sistemiche di NEFA a digiuno erano inferiori e gli SCFA aumentavano in risposta all’alimentazione ricca in Arabinoxilani. Ciò potrebbe indicare che l’assorbimento prolungato dell’energia derivante dagli SCFA dal tratto gastrointestinale e di conseguenza una minore variazione diurna dell’energia assorbita dal tratto gastrointestinale potrebbero essere responsabili della ridotta risposta insulinica

L’attenuata secrezione di insulina osservata con la dieta ricca di Arabinoxilani è stata ulteriormente supportata dalla ridotta secrezione del peptide C. L’insulina e il peptide C vengono co-secreti come preproinsulina; tuttavia, l’insulina ha un’emivita molto più breve del peptide C [38], rendendo così il peptide C uno dei marcatori più affidabili per la secrezione dell’insulina. La minore secrezione di insulina e peptide C osservata nella dieta ricca di Arabinoxilani indica che era necessaria meno insulina per eliminare il glucosio dal flusso ematico dopo un pasto ricco di Arabinoxilani rispetto ad una dieta ricca di amido resistente o povera di fibre.

Tali risultati supportano risultati precedenti e indicano soprattutto che gli alimenti ricchi di AX hanno il potenziale per migliorare le risposte glicemiche postprandiali sia negli animali che nell’uomo.

Studi recenti hanno confermato che l’integrazione di AX nel primo pasto permette di controllare i livelli di glucosio nel sangue anche nel pasto successivo [39] a differenza dell’amido resistente oltre ad aumentare il senso di sazietà tra un pasto e l’altro [40]. Tali risultati non si osservano in seguito all’integrazione di amido resistente [41].

Ad oggi con i dati disponibili l’integrazione di Arabinoxilani da endosperma di frumento in bevande e alimenti risulta più vantaggiosa rispetto quella con amido resistente, sia in termini salutistici che applicativi, che organolettici. Infatti, l’integrazione di Arabinoxilani [40] non comporta stravolgimenti nelle ricettazioni grazie al basso dosaggio richiesto, inoltre la connotazione neutra sia nel gusto che nel sapore non determina cambiamenti organolettici al prodotto finito.

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