Etichette nutrizionali: quello che non ti dicono sulle fibre

JAXplus Alimentazione Etichette nutrizionali: quello che non ti dicono sulle fibre

Articolo scritto da Dott. Carmine Di Iorio, neurobiologo e consulente nutrizionale

Le etichette nutrizionali sono uno strumento fondamentale per orientare le scelte alimentari. Sono state introdotte in Europa con il Regolamento (UE) n. 1169/2011 e hanno lo scopo di fornire al consumatore informazioni chiare e confrontabili sul contenuto energetico e sui principali nutrienti degli alimenti confezionati. Tuttavia, nonostante i progressi nella standardizzazione, alcune categorie di nutrienti – come le fibre alimentari – restano descritte in modo parziale.

La dichiarazione nutrizionale obbligatoria include (per 100 g o 100 ml di prodotto):

  • valore energetico (kj/kcal),
  • grassi totali e grassi saturi,
  • carboidrati totali e zuccheri,
  • proteine,
  • sale,
  • fibre alimentari (facoltative ma spesso presenti).

Per alcuni nutrienti, la normativa impone una distinzione interna. È il caso dei carboidrati, suddivisi in carboidrati totali e zuccheri, e dei grassi, per i quali vanno indicati almeno i saturi (Reg. UE 1169/2011). Questa suddivisione risponde alla necessità di distinguere tra componenti con effetti fisiologici diversi: i grassi saturi sono associati al rischio cardiovascolare [1], mentre gli zuccheri semplici hanno un impatto significativo su glicemia e salute dentale [2].

Quando si tratta di fibre alimentari, invece, la tabella nutrizionale riporta solo il contenuto totale, senza distinguere tra solubili e insolubili. Questo limita la possibilità di comprendere meglio le proprietà nutrizionali di un alimento.

Le fibre solubili, come beta-glucani, pectine e arabinoxilani solubili, hanno effetti significativi sul controllo glicemico e sulla riduzione del colesterolo [3, 4]. Le fibre insolubili, come cellulosa e lignina svolgono soprattutto un ruolo meccanico, migliorando il transito intestinale [5].

Nonostante queste differenze, la normativa considera le fibre come un’unica categoria, definite come “carboidrati non digeribili” resistenti alla digestione e all’assorbimento nell’intestino tenue [6].

L’assenza di specifiche in etichetta comporta che il consumatore non possa sapere quale tipo di fibra prevalga in un alimento. Questo è un limite sia per la popolazione generale, che può beneficiare di una dieta ricca e varia di fibre, sia per individui con bisogni specifici, ad esempio:

  • chi soffre di stipsi, che trarrebbe vantaggio da fibre insolubili;
  • chi ha necessità di controllare colesterolo o glicemia, per cui le fibre solubili sono particolarmente utili.

Inoltre, la ricerca scientifica sta sempre più evidenziando il ruolo delle fibre solubili a funzione prebiotica, capaci di modulare la composizione del microbiota intestinale e migliorare la salute metabolica [7].

Oggi sappiamo che le fibre non sono solo “regolatrici intestinali”, ma hanno anche importanti funzioni metaboliche:

  • aumentano la sazietà e aiutano nel controllo del peso[5];
  • riducono il colesterolo LDL legandosi agli acidi biliari [3];
  • modulano la risposta glicemica post-prandiale [4];
  • agiscono come prebiotici, stimolando la crescita di batteri benefici con produzione di acidi grassi a corta catena[7].

In questo contesto, un ruolo particolare è svolto dagli arabinoxilani solubili, polisaccaridi presenti nella crusca di frumento e in altri cereali:

  • modulano il microbiota intestinale favorendo la crescita di Bifidobacterium e Lactobacillus [ 8];
  • contribuiscono a ridurre i picchi glicemici post-prandiali migliorando la sensibilità insulinica [9, 10];
  • possiedono un effetto saziante grazie alla viscosità e alla fermentabilità.

Un aspetto normativo cruciale è che la possibilità di vantare un claim nutrizionale o salutistico approvato dall’EFSA (European Food Safety Authority) dipende dalla corretta dichiarazione in etichetta.

Nel 2011, EFSA ha approvato il claim secondo cui l’arabinoxilano, assunto durante i pasti, contribuirebbe a ridurre l’aumento del glucosio post-prandiale [11].

Tuttavia, per poter utilizzare questo claim, il produttore deve:     

  • indicare la presenza di arabinoxilani solubili tra gli ingredienti,
  • specificare il quantitativo utilizzato,
  • riportare la fibra solubile anche nella tabella nutrizionale, distinta dal totale delle fibre.

Questo punto è fondamentale: se l’etichetta riporta solo la voce generica “fibre”, senza distinzione, non è possibile comunicare al consumatore l’effetto salutistico autorizzato.

Imparare a leggere la tabella nutrizionale è un passo importante per scelte alimentari consapevoli. Tuttavia, la voce “fibre” è ancora troppo generica. La distinzione tra fibre solubili e insolubili non è solo utile dal punto di vista scientifico e nutrizionale, ma anche indispensabile per poter vantare claim EFSA approvati, come quello sugli arabinoxilani e la riduzione della glicemia dopo il pasto.

Pertanto, se su un prodotto alimentare la tabella nutrizionale non riporta alcuna specifica riguardo alle fibre, è da intendersi che l’alimento contenga esclusivamente fibre insolubili, prive di effetti funzionali riconosciuti a livello regolatorio.

Una futura evoluzione delle normative dovrebbe colmare questo gap, rendendo l’informazione nutrizionale più completa e utile sia per il consumatore sia per l’industria alimentare.

Bibliografia

  1. Mensink, R. P., Zock, P. L., Kester, A. D., & Katan, M. B. (2016). Effects of dietary fatty acids and carbohydrates on serum lipids: a meta-analysis. The American Journal of Clinical Nutrition, 77(5), 1146–1155.
  2. WHO. (2015). Guideline: Sugars intake for adults and children. World Health Organization.
  3. Theuwissen, E., & Mensink, R. P. (2008). Water‐soluble dietary fibers and cardiovascular disease. Physiology & Behavior, 94(2), 285–292.
  4. Reynolds, A., Mann, J., Cummings, J., Winter, N., Mete, E., & Te Morenga, L. (2020). Carbohydrate quality and human health: systematic reviews and meta-analyses. The Lancet, 393(10170), 434–445.
  5. Slavin, J. (2013). Fiber and Prebiotics: Mechanisms and Health Benefits. Nutrients, 5(4), 1417–1435.
  6. FAO/WHO. (2009). Codex Alimentarius: Guidelines on Nutrition Labelling. FAO/WHO.
  7. Gibson, G. R., Hutkins, R., Sanders, M. E., et al. (2017). The ISAPP consensus statement on the definition and scope of prebiotics. Nature Reviews Gastroenterology & Hepatology, 14(8), 491–502.
  8. Broekaert, W. F., Courtin, C. M., Verbeke, K., Van de Wiele, T., Verstraete, W., & Delcour, J. A. (2011). Prebiotic and other health-related effects of cereal-derived arabinoxylans, arabinoxylan-oligosaccharides, and xylooligosaccharides. Critical Reviews in Food Science and Nutrition, 51(2), 178–194.
  9. Lu, Z. X., Walker, K. Z., Muir, J. G., & O’Dea, K. (2004). Arabinoxylan fiber from a wheat flour extract reduces postprandial glycemia and insulin responses in normoglycemic subjects. European Journal of Clinical Nutrition, 58(3), 393–398.
  10. Mendis, M., & Simsek, S. (2014). Arabinoxylans and human health. Food Hydrocolloids, 42, 239–243.
  11. EFSA Panel on Dietetic Products, Nutrition and Allergies (NDA). (2011). Scientific Opinion on the substantiation of a health claim related to arabinoxylan produced from wheat endosperm and reduction of post-prandial glycaemic responses. EFSA Journal, 9(6), 2205.
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